domenica 22 ottobre 2017

CUCINA GRECA: "KATAIFI" DOLCE A BASE DI FRUTTA SECCA E MIELE



Tra le portate più diffuse nella cucina greca troviamo gli antipasti, normalmente a base di ingredienti semplici, come olive nere, sottaceti, acciughe, ma anche polpettine di carne e involtini di riso avvolte da foglie di vite. Tra i simboli della tradizione culinaria greca c’è sicuramente la celebre pita, il pane tradizionale, sempre presente sulla tavola e usato soprattutto per servire i piatti principali a base di carne o verdure. Fra le ricette greche più rinomate troviamo la moussaka, un pasticcio a base di carne tritata e melanzane, arricchito con besciamella e formaggio, i souvlaki, i tipici spiedini di carne speziata, l’insalata greca, a base di pomodori, olive e cetrioli, molto diffusa soprattutto nel periodo estivo, lo tzatziki, una salsa preparata con yogurt cremoso, cetrioli e aglio, il tipico gyros, ovvero il kebab allo spiedo, e per concludere i baklava, un dolce molto diffuso nel mondo, formato da numerosi strati di croccante pasta fillo farciti con miele e frutta secca. Senza dimenticare il famoso yogurt cremoso, servito sia come dessert insieme a frutta secca e miele, sia come base di numerose salse. Andiamo alla scoperta dei segreti della cucina greca con le ricette tradizionali proposte su Agrodolce.

Il kataifi è un dolce tipico della pasticceria greca e mediterranea composto da frutta secca e sciroppo di miele che viene racchiuso in una matassa di fili di pasta fillo croccanti, così ingarbugliati che risultano praticamente impossibili da districare. Una volta stesa, la pasta kataifi viene farcita con noci tritate mescolate con uova, zucchero e cannella, e poi arrotolata per dar vita a dei deliziosi involtini dolci cosparsi di burro fuso, cotti in forno, e infine irrorati con uno sciroppo a base di miele. Questo tradizionale dolce greco rappresenta un vero peccato di gola. Anche se è piuttosto insolito ai nostri occhi, vale la pena prepararlo almeno una volta. Per raggiungere un ottimo risultato è consigliabile utilizzare materie prime di qualità, ad iniziare dal burro. Prediligete quello ottenuto da latte di mucca, capace di regalare al dessert un tocco insuperabile. Un altro accorgimento importante è di versare lo sciroppo sul dolce molto lentamente e poco alla volta in modo da favorire un corretto assorbimento. Prima di distribuirlo sugli involtini appena sfornati, fate raffreddare lo sciroppo. La ricetta prevede, infine, un lungo riposo prima dell’assaggio: rispettatelo nonostante il profumo inebriante che pervaderà la cucina. Il kataifi rappresenta uno dei fiori all’occhiello della pasticceria ellenica, in Grecia sono soliti consumarlo anche per Natale. Se amate questa cucina non dimenticate la baklava, anch’essa fatta con pasta fillo, frutta secca e sciroppo.


PREPARAZIONE:

Versate all'interno di un pentolino il miele, l’acqua, lo zucchero, la cannella in polvere e la scorza di limone non trattato (la sola parte gialla). Ponete sulla fiamma e, mantenendola bassa, fate cuocere fino a completo scioglimento dello zucchero. Fate raffreddare completamente lo sciroppo ottenuto.

Nel frattempo tritate le noci abbastanza finemente. In una ciotola, versate le noci, lo zucchero di canna, l'uovo e la cannella. Mescolate per far amalgamare tutti gli ingredienti.

Ponete sul piano di lavoro la pasta kataiki e ricavatene una matassa abbastanza lunga. Farcitela alla base con un cucchiaio di ripieno e iniziate ad arrotolare fino a ottenere un involtino. Continuate fino ad esaurimento degli ingredienti.

Imburrate una teglia da forno e adagiatevi gli involtini, gli uni accanto agli altri.

Fate sciogliere su fiamma bassa il burro e cospargetelo abbondantemente sugli involtini, insistendo sui bordi.

Trasferite la teglia in forno già caldo e fate cuocere il kataifi a 180 °C per circa 30 minuti. Una volta cotto, tiratelo subito fuori dal forno e cospargetelo immediatamente con lo sciroppo ben freddo in maniera omogenea.
Fate riposare 4-5 ore prima di gustare il dolce.

martedì 19 settembre 2017

CUCINA ARABA: PASTILLA CON POLLO


La Cucina Araba può essere considerata il trait d’union tra la cucina mediterranea e la cucina indiana. Caratterizzata da tradizioni antichissime e da una ritualità dei pasti dettata anche e soprattutto dalla religione Islamica. Durante il periodo del Ramadan infatti gli arabi consumano due pasti durante tutta la giornata, prima del sorgere del sole (Suhur) e dopo il tramonto (Fitūr). Il Fitūr ha delle regole dettate proprio dalla tradizione religiosa.

La pastilla è un piatto tradizionale della cucina marocchina che viene generalmente servito come antipasto in occasione di feste importanti o grandi cerimonie. Le sue origini vengono fatte risalire alla Spagna islamica, quando i musulmani in fuga da Granada si rifugiarono in Africa portando con loro le proprie tradizioni culinarie. Si tratta di una sorta di sformato a base di carne di piccione, spesso però sostituita da quella di pollo, di uso più comune. Esistono anche varianti della pastilla fatte con pesce o frattaglie. La carne, dopo essere stata rosolata, viene cotta nel brodo con il ras el hanout, un mix tipico del Marocco di circa 30 aromi tra cui molte erbe aromatiche e spezie. Essendo difficilmente reperibile qui in Italia può essere sostituito utilizzando un mix di zenzero, zafferano, coriandolo e paprika. La pastilla è composta da strati di carne, mandorle caramellate, cannella e uova sbattute. Una preparazione che al palato si presenta speziata ma dolce e salata allo stesso tempo. La pasta che si usa tradizionalmente come involucro per questo piatto è chiamata warka: fogli delicatissimi e molto sottili generalmente preparati in casa. Essendo anche questa preparazione molto difficile da reperire, possiamo sostituirla con pasta fillo o pasta brick. Se amate questo tipo di ricette potete provare un altro classico della cucina marocchina, la matbucha, simile alla nostra peperonata ma di origine araba.

Si tratta di una preparazione che combina il sapore del dolce e del salato; una serie di strati di pasta sfoglia, di carni salate, cotte lentamente in brodo e spezie e poi triturate, e uno strato croccante di mandorle tostate e tritate, cannella e zucchero.

Il ripieno viene preparato con un giorno di anticipo, ed è fatto rosolando i pezzi di carne in olio. Questi vengono poi trasferiti in un tegame, e con il rimanente olio, cipolle, acqua, prezzemolo e spezie varie, messi a cuocere. Il liquido viene poi raffreddato e, dopo, addensato a formare una salsa cremosa con uova sbattute. La carne e la pelle vengono triturate e aggiunte alla salsa, lasciando raffreddare durante la notte.

In una teglia rotonda, viene steso il primo strato di impasto che viene unto con il burro. Viene poi steso uno strato di salsa che viene ricoperto da uno di pasta sfoglia, ripetendo con un secondo strato di salsa e pasta. Viene poi cotto in forno, spolverato con lo zucchero a velo, cannella e mandorle tritate, e quindi servito.

INGREDIENTI PER 6 PERSONE:

250 GR PASTAFILLO
2 UOVA
2 CIPOLLE
500 GR DI POLLO
PREZZEMOLO
CANNELLA IN POLVERE
2 AGLIO
CORIANDOLO IN POLVERE
PAPRIKA
ZAFFERANO
ACQUA AI FIORI D'ARANCIO
100 GR DI MANDORLE
60GR DI BURRO
OLIO
ZUCCHERO
ZUCCHERO A VELO
SALE

PROCEDIMENTO:

In un'ampia padella fate scaldare l'olio extravergine d'oliva e aggiungete le cosce di pollo disossato. Fate rosolare su entrambi i lati.
Togliete il pollo dalla padella e aggiungete le cipolle affettate finemente, cuocete a fiamma bassa per circa 15 minuti facendo attenzione che non brucino.
Unite lo zenzero e l'aglio tritati, il coriandolo, lo zafferano, la paprika e l'acqua ai fiori di arancio, mescolate uniformemente e unite anche il pollo.

Coprite con 500 g di acqua calda e regolate di sale. Aggiungete un cucchiaino di prezzemolo tritato e cuocete per circa 60 minuti girando il pollo di tanto in tanto. Quando l'acqua viene assorbita togliete il pollo dalla padella, tagliatelo a striscioline e fatelo raffreddare.

In una ciotola sbattete le uova e unitevi la cipolla cotta.
In una padella a parte tostate le mandorle e tenetele da parte.
Nella stessa padella mettete lo zucchero e fatelo caramellare, rimettete le mandorle e amalgamatele con lo zucchero. Toglietele dalla padella, mettetele su un tagliere, fatele raffreddare e tritatele grossolanamente.

Con il burro fuso ungete una teglia da 20 centimetri di diametro e foderate con un foglio di pasta brick facendola sbordare.
Spennellate con altro burro e proseguite con gli altri fogli sempre ungendoli uno alla volta con il burro. Versate all'interno la metà del composto di cipolle.

Aggiungete il pollo e sopra la metà delle mandorle.
Terminate con il composto di uova e le mandorle rimaste. Coprite con altri fogli di pasta brick e ripiegatevi sopra i lembi, inumidite leggermente la superficie col burro. Cuocete a 185°C per 30-35 minuti, sfornate e cospargete con zucchero a velo miscelato con un cucchiaino raso di cannella. Rimettete in forno sotto al grill per pochi minuti finché non si caramella.


giovedì 7 settembre 2017

COUS COUS DI POLLO



OGGI VI PROPONGO UNA RICETTA TUNISINA DAVVERO SQUISITA, VI FARO' SCOPRIRE LE ORIGINI DI QUESTO PIATTO MERAVIGLIOSO


INGREDIENTI:

COUSCOUS 500 gr
POLLO a pezzi - 500 gr
CIPOLLE 2
PATATE 3
CAROTE 3
CECI 250 gr
CAVOLO CAPPUCCIO 500 gr
ZUCCA 600 gr
ZUCCHINE 3
CONCENTRATO DI POMODORO 100 gr
PEPERONCINO ROSSO PICCANTE in polvere - 1 cucchiaio da tè
TEBEL 1 cucchiaio da tè
SALSA HARISSA 1 cucchiaio da tè
OLIO EXTRAVERGINE D'OLIVA (EVO) 1 bicchiere
PEPERONCINO VERDE DOLCE 3

PREPARAZIONE:

Affettate le cipolle, scaldate l'olio nella parte inferiore della couscoussiera e fatevi rosolare le cipolle per circa 5 minuti. 
Unite i pezzi di pollo e fateli rosolare uniformemente per circa 10 minuti.

Unite il concentrato di pomodoro.
Fate cuocere qualche altro minuto poi aromatizzate con le spezie. Bagnare il tutto con 250 ml d'acqua.
Lasciate cuocere il tutto per altri 10 minuti, quindi unite le carote e i ceci e continuate la cottura unendo altri 250 ml d'acqua.

Unite, a questo punto, tutta la verdura in base ai tempi di cottura, da quella che impiega più tempo a quella che cuoce più velocemente.
Unite un altro 1/2 litro d'acqua per permettere alle verdure di cuocere omogeneamente; aggiungete del sale per iniziare ad insaporire la preparazione.

Prendete, ora, la semola per il couscous e lavoratela con un cucchiaio d'olio, un cucchiaino di sale e 60 ml d'acqua fredda.
Trasferite la semola così lavorata nella parte alta della couscoussiera affinché possa cuocere grazie al vapore proveniente dalla parte bassa della couscoussiera stessa, contenente il sugo.

Aggiungete al sugo altra acqua affinché possa prodursi abbastanza vapore per la cottura della semola.
Lasciate cuocere la semola per circa 20 minuti, quindi toglietela dalla couscoussiera, trasferitela in una ciotola e rilavoratela con le mani aggiungendo altri 60 ml d'acqua fredda.

Rimettete la semola nella couscoussiera e lasciatela cuocere per altri 20 minuti.
Al termine della cottura del pollo, ultimate il condimento del cous cous adagiando sulla semola i pezzi di pollo e le verdure cotte.

Decorate il tutto con qualche peperoncino verde dolce fritto.

Questa pietanza fece ingresso nell'isola italiana intorno all''800 e da allora è diventato uno dei piatti tipici consumati nella zona. A San Vito Lo Capo, in Sicilia, ogni anno si celebrai il Cous Cous Fest, un festival gastronomico dedicato al cous cous che favorisce anche l'integrazione culturale.

Il couscous è il piatto più popolare in Marocco e nel Nord Africa, ma diffuso in tutto il mondo. La storia ha elaborato diverse opinioni circa le sue origini. Alcuni ritengono che il couscous, come la pasta, sia stata creato in Cina, mentre altri sono sicuri della sua origine dall’Africa dell’est. Tuttavia, l’evidenza più palese sembra indicare il Nord Africa. Inoltre, proprio qui, delle scoperte archeologiche risalenti al nono secolo, avrebbe portato alla luce degli utensili da cucina per preparare il couscous.



Nell’undicesimo secolo, la conquista arabo-islamica ha contribuito alla diffusione del piatto in tutta la regione nordafricana. La crescita economica e lo sviluppo della produzione di grano ne hanno accelerato l’espansione. Quindi il couscous fu portato in Spagna, nella regione meridionale dell’Andalusia, e lungo il perimetro del Mediterraneo. In uno scritto del XVI secolo di Francois Revelais, si nota come in Provenza fosse diffuso e apprezzato il Coscoton a la Moresque. Il couscous giunse fino in Sud America, attraverso le colonie portoghesi emigrate dal Marocco. L’espansione del couscous è continuata durante il XX secolo, soprattutto a causa di ondate migratorie dal Nord Africa verso l’Europa, la Francia in particolare. Un recente sondaggio ha svelato come il couscous sia oggi il secondo piatto preferito dai transalpini.

Oggi il couscous è l’ambasciatore culinario del Nord Africa ed è un emblema dell’arte culinaria marocchina. Vediamo la ricetta del couscous tradizionale, per il quale c’è bisogno della pentola apposita, la cuscussiera.

Ingredienti:
couscous di semola 
pomodori 
cipolle 
ceci ammollati 
zucchine 
verza 
carote 
patate 
carne di agnello 
pepe
cumino
coriandolo macinato 
zafferano

Preparazione:
Il couscous si trova facilmente nei supermercati e si prepara senza troppi problemi: basta infatti versarlo in una pentola e coprirlo con brodo bollente, fino a quando i granuli di semola si gonfiano. Una volta ottenuto ciò, i granuli vanno separati con una forchetta. Manca solo il condimento, anch’esso semplice da preparare. Dopo aver fatto rosolare l’agnello in una padella con un po’ di olio, aggiungere pomodori, cipolle (tagliate molto finemente), zucchine, verza, carote e patate e pezzetti e ceci. Ricoprire con acqua e lasciar cuocere per diversi minuti, finché le verdure non saranno pronte. A cottura quasi ultimata, insaporire con le spezie.


È protagonista di numerosi piatti estivi e freddi, si presta a una serie di interpretazioni che coinvolgono diversi ingredienti, in primis pesce e ortaggi. Ma è ottimo anche caldo, in inverno, reso ancora più solido dall’aggiunta di carne. IL COUS COUS POSSIEDE UNA STORIA MILLENARIA E UN'AFFASCINANTE LEGGENDA LEGATA A RE SALOMONE Il cous cous, ottenuto dalla semola di grano duro macinata, aspersa d’acqua e lavorata fino a ricavarne infinite minuscole palline che poi sono cotte a vapore, è ormai noto a tutti anche in Italia.

 Però forse non tutti sanno che vanta una storia millenaria. Le origini si fanno risalire al VII secolo dopo Cristo: è l’alimento principe del Nord Africa, ma c’è un’affascinante leggenda, tuttavia, che porta a compiere numerosi passi indietro, giungendo fino al 950-930 prima di Cristo. Pare infatti che il Re Salomone si concedesse grandi mangiate di cous cous per alleviare le pene d’amore causate dalla Regina di Saba: già allora un rimedio universale, evidentemente. Non solo: con il tempo il cous cous è diventato protagonista di un rito dell’Agape, proprio come il pane cristiano che è spezzato e distribuito, oppure il riso che gli orientali dividono in segno di comunione e fratellanza.






mercoledì 6 settembre 2017

CHIODI DI GAROFANO


Il chiodo di garofano è una spezia che gode di un veri e propri poteri curativi Il chiodo di garofano è una spezia molto usata in cucina, di provenienza asiatica. Il nome è dato dal fatto che questa spezia ricorda il garofano ma in realtà è il bocciolo essiccato della pianta di Eugenia caryophyllata, un albero molto diffuso in oriente. Per secoli è stato al centro del commercio delle spezie provenienti dalle lontane isole Molucche, in Indonesia.

 I chiodi di garofano contengono flavonoidi, tannini, triterpeni e composti volatili tra cui l’eugenolo, componente base dell’olio essenziale e responsabile del potere analgesico di questa spezia. Fin dall’antichità i chiodi di garofano venivano utilizzati proprio per le proprietà analgesiche, trovando il maggior utilizzo nella cura del male ai denti e per lenire le infiammazioni cutanee. Oggi questa spezia è molto utilizzata in cucina e gode di vere proprietà curative. Le proprietà del chiodo di garofano Antinfiammatorio

Le proprietà antinfiammatorie del chiodo di garofano sono conosciute da secoli. Questo beneficio è dato dai flavonoidi in essi contenuti. Anestetico I chiodi di garofano godono di ottime proprietà anestetiche, per questo vengono utilizzati spesso come rimedio naturale contro il male ai denti, applicandoli direttamente sulla parte dolorante o tramite gargarismi. Benefici all’apparato digerente I chiodi di garofano migliorano la capacità del cibo di passare per l’intestino, senza creare accumuli di tossine. Antimicrobico I benefici antimicrobici dei chiodi di garofano sono conosciuti da secoli, tanto che gli antichi egizi li utilizzavano per imbalsamare i cadaveri ed evitare il formarsi di funghi e batteri dannosi. Oggi gli infusi di questa spezia sono utilizzati per combattere micosi della pelle, spesso uniti a timo e coriandolo. Tonico I chiodi di garofano aiutano a vincere la spossatezza e il mal di testa, stimolando la circolazione sanguigna. Per questo motivo i chiodi di garofano sono considerati dei buoni afrodisiaci. 

Antiossidante I chiodi di garofano sono ricchi di antiossidanti e quindi contrastano l’invecchiamento della pelle e il formarsi di pericolosi radicali liberi. Conservano i cibi I chiodi di garofano godono di un’altra interessante proprietà: aiutano a conservare più a lungo i cibi. Questo grazie alla capacità di ostacolare il processo di ossidazione dei grassi, facendo in modo che i cibi possano conservare più a lungo la loro freschezza e le loro caratteristiche nutrizionali.

 Qualche consiglio su come utilizzare i Chiodi di garofano Come usare i Chiodi di garofano in cucina In cucina questa spezia è spesso utilizzata come accompagnamento a carni, formaggi stagionati e alcune verdure. In tal caso aggiungere pochi chiodi di garofano nel condimento. Molto utilizzati anche per aromatizzare vini, liquori e dolci. I Chiodi di garofano a scopo terapeutico: le proprietà medicinali L’ infuso di Chiodi di garofano viene utilizzato per attenuare la nausea, l’indigestione ed i disturbi intestinali: la dose consigliata è quella di 1 o 2 chiodi ogni 15 ml di acqua calda. In alternativa all’infuso si può utilizzare la tintura madre da assumere 30 gocce in poca acqua 3 volte al giorno (salvo indicazioni diverse da parte del medico o dell’erborista).

 L’olio essenziale di Chiodi di garofano è un valido antisettico contro i virus e le micosi, inoltre svolge un’efficace azione anestetica. Gli altri utilizzi dei Chiodi di garofano Se messi negli armadi in sacchetti aromatici i chiodi di garofano terranno lontane le tarme, così come se messi in un piccolo contenitore nelle dispense in cucina terranno lontane le farfalline del cibo. I chiodi di garofano, uniti al limone, se messi sul davanzale aiutano a tenere lontano le mosche. 

Controindicazioni, effetti collaterali e interazioni Evitare l’utilizzo nella fase finale della gravidanza. Non utilizzare in caso di ulcera o di ipersensibilità verso uno o più componenti. A dosi elevate l’Olio essenziale di Chiodi di Garofano è tossico per il fegato ed il sistema nervoso. Non applicare l’olio essenziale puro sulle gengive e sulla pelle perchè è irritante, diluiscilo sempre con un olio vegetale neutro (per esempio l’Olio di mandorla).

Fra i numerosi benefici dei chiodi di garofano dobbiamo ricordare gli effetti antisettici e antispasmodici che sono in grado di apportare. Ecco perché queste spezie possono essere utili nel determinare la guarigione da infezioni o ustioni.

Bisogna però tenere presente che l’olio estratto non va applicato sulla pelle senza essere diluito, perché potrebbe essere irritante. Anche questo è da tenere presente per quanto riguarda le controindicazioni che l’uso dei fiori può comportare. Inoltre i chiodi di garofano esercitano un’azione di prevenzione degli spasmi muscolari.

Diversi sono i benefici che i chiodi di garofano possono apportare nei confronti dell’apparato digerente. Tali spezie infatti riescono a migliorare la capacità del cibo di passare per l’intestino, in modo da non determinare un accumulo di tossine dannose per l’organismo.



I chiodi di garofano hanno delle proprietà benefiche, che sono conosciute fin dall’antichità. Si tratta di proprietà terapeutiche vere e proprie. Ad esempio infatti l’infuso di chiodi di garofano viene utilizzato per attenuare la sensazione di nausea, l’indigestione e i disturbi intestinali. Altrettanto utilizzato è l’olio essenziale, che svolge un’opportuna azione antisettica. Le proprietà curative dei chiodi di garofano sono molte. Vediamone alcune nello specifico.

1. Effetti antisettici e antispasmodici
Fra i numerosi benefici dei chiodi di garofano dobbiamo ricordare gli effetti antisettici e antispasmodici che sono in grado di apportare. Ecco perché queste spezie possono essere utili nel determinare la guarigione da infezioni o ustioni.

Bisogna però tenere presente che l’olio estratto non va applicato sulla pelle senza essere diluito, perché potrebbe essere irritante. Anche questo è da tenere presente per quanto riguarda le controindicazioni che l’uso dei fiori può comportare. Inoltre i chiodi di garofano esercitano un’azione di prevenzione degli spasmi muscolari.


Note sono le proprietà antinfiammatorie dei chiodi di garofano. Questo effetto è dovuto all’abbondanza di flavonoidi che essi contengono. L’aromaterapia utilizza le spezie per rimediare ad alcune patologie, dal raffreddore alla bronchite, dall’asma alla sinusite, dai reumatismi all’artrite.


Diversi sono i benefici che i chiodi di garofano possono apportare nei confronti dell’apparato digerente. Tali spezie infatti riescono a migliorare la capacità del cibo di passare per l’intestino, in modo da non determinare un accumulo di tossine dannose per l’organismo.


I chiodi di garofano possono essere utili anche contro il mal di denti. Infatti, in caso di infiammazione della cavità orale e della trachea, può essere utile ricorrere a degli sciacqui o a dei gargarismi con una soluzione composta da acqua ed essenza di chiodi di garofano. Le infiammazioni alla bocca possono essere combattute con l’olio essenziale di chiodi di garofano.

Le spezie in questione hanno anche delle proprietà analgesiche, che sono dovute essenzialmente ad un principio attivo. Si tratta dell’olio di eugenolo, che viene utilizzato soprattutto per la cura della cavità orale.

Ecco perché questo prodotto è presente nelle ricette di vari dentifrici e prodotti antibatterici per la bocca: favorisce la salute orale.

Contro le micosi si può utilizzare soprattutto l’infuso di chiodi di garofano. In particolare si usa per trattare le micosi della pelle e delle membrane mucose. Per le micosi alle mani o ai piedi è utile unire ai chiodi di garofano timo, vaniglia, coriandolo e cumino.



I chiodi di garofano hanno delle proprietà benefiche, che sono conosciute fin dall’antichità. Si tratta di proprietà terapeutiche vere e proprie. Ad esempio infatti l’infuso di chiodi di garofano viene utilizzato per attenuare la sensazione di nausea, l’indigestione e i disturbi intestinali. Altrettanto utilizzato è l’olio essenziale, che svolge un’opportuna azione antisettica. Le proprietà curative dei chiodi di garofano sono molte. Vediamone alcune nello specifico.

1. Effetti antisettici e antispasmodici
Fra i numerosi benefici dei chiodi di garofano dobbiamo ricordare gli effetti antisettici e antispasmodici che sono in grado di apportare. Ecco perché queste spezie possono essere utili nel determinare la guarigione da infezioni o ustioni.

Bisogna però tenere presente che l’olio estratto non va applicato sulla pelle senza essere diluito, perché potrebbe essere irritante. Anche questo è da tenere presente per quanto riguarda le controindicazioni che l’uso dei fiori può comportare. Inoltre i chiodi di garofano esercitano un’azione di prevenzione degli spasmi muscolari.

Note sono le proprietà antinfiammatorie dei chiodi di garofano. Questo effetto è dovuto all’abbondanza di flavonoidi che essi contengono. L’aromaterapia utilizza le spezie per rimediare ad alcune patologie, dal raffreddore alla bronchite, dall’asma alla sinusite, dai reumatismi all’artrite.

Diversi sono i benefici che i chiodi di garofano possono apportare nei confronti dell’apparato digerente. Tali spezie infatti riescono a migliorare la capacità del cibo di passare per l’intestino, in modo da non determinare un accumulo di tossine dannose per l’organismo.

I chiodi di garofano possono essere utili anche contro il mal di denti. Infatti, in caso di infiammazione della cavità orale e della trachea, può essere utile ricorrere a degli sciacqui o a dei gargarismi con una soluzione composta da acqua ed essenza di chiodi di garofano. Le infiammazioni alla bocca possono essere combattute con l’olio essenziale di chiodi di garofano.


Le spezie in questione hanno anche delle proprietà analgesiche, che sono dovute essenzialmente ad un principio attivo. Si tratta dell’olio di eugenolo, che viene utilizzato soprattutto per la cura della cavità orale.

Ecco perché questo prodotto è presente nelle ricette di vari dentifrici e prodotti antibatterici per la bocca: favorisce la salute orale.


Contro le micosi si può utilizzare soprattutto l’infuso di chiodi di garofano. In particolare si usa per trattare le micosi della pelle e delle membrane mucose. Per le micosi alle mani o ai piedi è utile unire ai chiodi di garofano timo, vaniglia, coriandolo e cumino.


L’invecchiamento può essere combattuto in molti modi e a volte non occorre nemmeno fare ricorso agli ultimi ritrovati offerti dalla chirurgia estetica. Per fare in modo che il nostro aspetto e tutto il nostro organismo rimangano a lungo più giovani, si può ricorrere ai chiodi di garofano.

Lo hanno reso noto i ricercatori della Miguel Hernández University, che hanno condotto uno specifico studio sull'argomento, scoprendo che le spezie in questione possiedono rilevanti proprietà antiossidanti in grado di agire in maniera determinante contro l’invecchiamento. Le sostanze dal potere antiossidante rispondono infatti ad una non trascurabile funzione che consiste nel contrastare l’azione dei radicali liberi, permettendo al cuore e ai tessuti di ricavarne un grande beneficio.

I chiodi di garofano avrebbero anche un’altra importante proprietà. Sono infatti in grado di ostacolare il processo di ossidazione dei lipidi, facendo in modo che i cibi possano conservare più a lungo il loro carattere di freschezza. Gli alimenti, grazie all'impiego dei chiodi di garofano, possono conservarsi meglio e più a lungo e possono mantenere inalterato il loro valore nutrizionale, apportando rilevanti benefici a tutto il nostro organismo.

Le spezie in questione vanno bene anche per combattere l’inappetenza. In questo caso si deve utilizzare la tintura di chiodi di garofano, alla quale si possono aggiungere dello zenzero e della scorza di cannella. E’ bene assumerne 15 o 20 gocce più volte al giorno insieme all'acqua o sotto forma di tisana.

Un piccolo segreto: ricordiamoci che chiodi di garofano e limone rappresentano un’ottima soluzione da collocare sui davanzali delle finestre per allontanare le mosche.



giovedì 24 agosto 2017

SUPPLì



I supplì (parenti del sicilianissimo arancino) sono delle polpette di riso al ragù di carne della tradizione romana, di forma allungata, impanate e poi fritte. Allo strutto della tradizione si è sostituito oggi l’olio d’oliva. Il loro nome deriva molto probabilmente dal francese surprise (sorpresa), in riferimento alle sorprese nascoste al loro interno.

La tradizione di queste caratteristiche crocchette capitoline sembra avere radici lontane: già nel 1846 troviamo una prima testimonianza della loro presenza nella cucina tradizionale romana con il letterato romano, poi cappellano del Papa, Tommaso Azzocchi (Roma, 1791 –Roma, 1863), che inserisce il termine supplì all’interno di una sezione (Raccolta di voci e maniere false col loro equivalente) del suo Vocabolario domestico, definendole «frittelle, frittelle di riso, riso fritto».
Segue, nel 1874, la prova scritta della presenza di questo bocconcino nel menù della Trattoria della Lepre a Roma, comparendo con il nome di Soplis di riso.
A Roma, un tempo, esisteva anche il venditore di supplì, che girava la sera per i vicoli con uno scaldavivande appeso ad un braccio strillando “Calli bollenti! Supplì di riso!”, esattamente come i venditori ambulanti oggi. Fino agli anni ’50 si poteva trovare in centro (zona Sant’Andrea delle Fratte) anche un “supplitaro”, soprannominato Polifemo, che se ne stava nel suo antro con un’enorme padella colma di olio bollente: alla fine di ogni cottura tuffava una reticella nell’olio per pescare questi bocconi prelibati.

Se le fonti culinarie rimontano al 1846, le tracce letterarie del supplì sono ancora più antecedenti: entrambe portano la firma di Giuseppe Gioacchino Belli, il grande poeta capitolino che, nel 1831, componeva un sonetto intitolato “Il Papa” , il cui copricapo (il Triregno o la Tiara) veniva irriverentemente paragonato al supplì.

Da Il Papa:
….Quer trerregno che ppoi pare un zuppriso
vò ddì cche llui commanna e sse ne frega,
ar monno, in purgatorio e in paradiso.

(Quel triregno che poi pare un supplì
vuol dire che Lui comanda e se ne frega
al mondo, al purgatorio e in paradiso).
E in effetti la forma ovoidale del supplì si presta a questo paragone.

In un altro sonetto, La canterina de la Valle, scritto nel 1838, il supplì, o quel si intendeva allora, diventa femminile (supprisa). Questo vocabolo viene messo in bocca al popolano romano per indicare un termine di paragone, certamente derisorio, per definire il fisico di una celebre cantante d’opera, Giuditta Grisi, definita anche sfrizzoletto (e cioè “ciccioletto”, un pezzetto di grasso di maiale abbrustolito).

Da La canterina de la Valle:
…Ma cche cce trovi in sta madama Grisa,
cheppe vvia che jj’amanca er culiseo
canta da omo e ffa cchiamasse Meo,
e ppare un sfrizzoletto o una supprisa?

(Ma che ci trovi in Madama Grisi
che poichè gli manca il sedere
canta come un uomo e si fa chiamare Meo
e sembra un piccolo cicciolo o un supplì).

I Suppli’ al Telefono, altra grande ricetta della tradizione romana, sono invece i supplì che contengono, oltre al riso, la mozzarella. Il nome allude scherzosamente al fatto che, quando una crocchetta viene divisa semplicemente con le mani, le due metà restano collegate tramite la mozzarella filante, come una cornetta del telefono.

E’ Ada Boni la prima a pubblicare la ricetta dei supplì, ne La Cucina Romana (1929): il nome è al femminile (le supplì), il riso può essere condito con un ‘sugo finto” (senza carne, solo odori) e il ripieno prevede rigaglie (interiora di pollo), funghi secchi e carne in umido tritata: a quest’ultima si possono sostituire un paio di dadini di provatura romana, il fiordilatte. Oggi, nella maggior parte dei casi, il riso dei supplì viene condito con un semplice ragù di carne bovina macinata e l’immancabile sorpresa di mozzarella filante all’interno. Esistono due scuole di pensiero per la preparazione dei supplì. Chi mette le uova crude nel risotto finito, amalgamandole bene, e una volta formate le polpette le passa nell’uovo e in seguito nel pangrattato; e chi, invece, non aggiunge le uova e, una volta terminata la preparazione delle polpette, le passa in una pastella “sigillante” e poi nel pangrattato. Funghi e rigaglie di pollo rimangono, in ogni caso, un punto fermo nella ricetta originale, ancora utilizzata e custodita come patrimonio della tradizione culinaria capitolina.

SUPPLÌ

Ingredienti per circa 20 supplì (ricetta senza uova crude)
500 g di Riso Arborio
250 g di Polpa tritata di manzo
2 Fegatini di pollo
20 g di Funghi secchi
700 g di Passata di pomodoro
1,2 l di Brodo di carne
1 Cipolla media
Olio extra vergine d’oliva q.b.
½ bicchiere di Vino bianco
Burro q.b.
50 g di Parmigiano reggiano, grattugiato
Sale e pepe q.b.
200 g di Fiordilatte (mozzarella vaccina)
Per la frittura
150 g circadi Farina 00
Pangrattato q.b.
Olio di oliva o di arachide

Preparazione
Mettete a rinvenire i funghi secchi in una tazza di acqua tiepida, cambiandola una volta.
Tritate la cipolla finemente a coltello e fatela appassire dolcemente in una casseruola in olio caldo ma non bollente per una decina di minuti, facendola cuocere bene ma senza farle prendere colore. A questo punto unite la carne sbriciolata, alzate la fiamma e fate ben rosolare, mescolando continuamente con un cucchiaio di legno. Quando la carne è ben rosolata, insaporite con sale e pepe, bagnate con il vino e quando è sfumato unite la passata di pomodoro e i funghi strizzati e tagliuzzati. Coprite e fate cuocere dolcemente per un’ora, controllando che il sugo non si asciughi troppo. Aggiungete poi i fegatini, lavati, asciugati e tritati grossolanamente a coltello.
Fate cuocere ancora 5 minuti e unite il riso. Rialzate la fiamma e lasciate insaporire il riso nel sugo fino a quando sarà ben asciutto, quindi unite il brodo bollente, un mestolo alla volta, e fate cuocere il risotto, a fuoco vivace e mescolando spesso. Ritiratelo dal fuoco quando è ancora al dente e abbastanza asciutto. Fuori dal fuoco unite il burro e il Parmigiano, mescolate bene, quindi rovesciate il risotto in una placca, allargatelo e fatelo freddare. Coprite il riso con la pellicola trasparente e fatelo riposare per molte ore, o addirittura tutta la notte, in frigorifero.
Al momento di preparare i supplì, tagliate la mozzarella a listarelle. Setacciate la farina dentro una terrina e, mescolando con una frusta, diluitela con l’acqua fredda necessaria (circa 300 ml) per ottenere una pastella fluida.
Prendete una cucchiaiata bella colma di riso e mettetelo nel palmo della mano, allargatelo e mettete al centro qualche listarella di mozzarella. Richiudete premendo bene e modellate i supplì dando loro la tipica forma di polpetta allungata, cercando di compattare il riso senza lasciare fessure. Quando i supplì sono tutti formati, passateli prima nella pastella, eliminando bene l’eccesso, e poi nel pangrattato formando un rivestimento bello spesso. Una volta pronti, lasciateli riposare qualche ora in frigorifero.
Mettete sul fuoco una casseruola con abbondante olio, in modo che i supplì possano galleggiare, e quando è caldo (170°) friggetene 2 o 3 alla volta per circa 10 minuti, in modo che il calore abbia il tempo di penetrare anche all’interno e il formaggio abbia quindi la possibilità di fondersi. Se calati in olio troppo caldo, l’interno rimarrà freddo impedendo alla mozzarella di filare.
Nota: per i supplì, come per gli arancini, la padella non è lo strumento adatto per la frittura, meglio un tegame profondo o la classica friggitrice.
Scolateli appena diventano color oro scuro e passateli su un doppio foglio di carta da cucina. Serviteli caldi, ma non bollenti.
Una volta modellati e impanati i supplì si possono benissimo congelare, con l’accortezza di farli scongelare (in frigorifero) prima di friggerli.

giovedì 10 agosto 2017

CROCCHETTE DI RISO CON TONNO E LIMONE



Le crocchette di riso ricetta calabrese sono diverse dalle solite polpette di riso o arancine: non serve passarle nel pangrattato o immergerle nella pastella, ma vanno fritte direttamente senza panatura. Hanno una crosticina dorata e croccante, un cuore morbido e compatto e un sapore che conquista. Le crocchette di riso ricetta calabrese sono un ottimo e sostanzioso secondo piatto o un antipasto ricco e sfizioso, il costo della ricetta è basso e richiede pochi e semplici ingredienti.

Ingredienti per circa 30 crocchette di riso fritte

600 g di riso Ribe
6 uova medie
un ciuffo di prezzemolo
3 cucchiai colmi di parmigiano grattugiato
1 cucchiaio raso di sale fino
sale per la cottura del riso q.b.
pepe q.b.
olio per frittura
olio evo q.b.


Lessare il riso in abbondante acqua salata, schiumarlo se necessita e far cuocere seguendo le indicazioni riportare sulla confezione. Il riso a fine cottura deve risultare cotto ma non stracotto
A fine cottura, spegnere il fuoco e versare qualche bicchiere di acqua fredda nella pentola e mescolare delicatamente. Scolare il riso e far raffreddare benissimo nello scolapasta
Quando il riso lesso sarà freddo, trasferirlo in una ciotola capiente e condire con prezzemolo tritato finemente, sale, formaggio grattugiato e pepe.

Aggiungere le uova al riso, avendo cura di aprirle prima in una ciotolina per constatare che siano buone
Con una forchetta iniziare ad amalgamare il tutto
Quando le uova risulteranno ben incorporate al riso continuare ad mescolare con le mani senza mai “impastare” per non far spezzettare il riso, ma solo mescolare delicatamente per circa 10 minuti
Man mano si noterà che il riso si compatta da solo sino a formare un composto ben amalgamato, sodo e leggermente appiccicoso
Ungere abbondantemente le mani con olio evo, staccare un pezzetto di impasto, compattarlo e formare le crocchette di riso dando la forma leggermente allungata.

Posizionare le crocchette preparate su di un vassoio rivestito con carta forno
Portare a giusta temperatura abbondante olio per frittura (quando l’olio sarà caldo calare un pezzettino di impasto delle crocchette e se torna a galla e frigge l’olio è pronto)
Cuocere le crocchette di riso senza mai girarle sino a quando non si noterà che stanno acquisendo un colore leggermente dorato

Con una forchetta girarle delicatamente e continuare la cottura sino a doratura perfetta. Le crocchette devono cuocere lentamente per ottenere una cottura perfetta anche al centro
Scolare le crocchette con una schiumarola e adagiarle su carta cucina
Gustare le crocchette di riso ricetta perfetta calde e fumanti. Ottime anche fredde ma volendo si possono riscaldare in forno già caldo per qualche minuto. 


SEGRETI CHE POSSONO ESSERE UTILI:

-schiumare il riso durante la cottura

-bloccare la cottura del riso aggiungendo acqua fredda a fine cottura, mescolare e poi scolare

-realizzare l’impasto delle polpette solo quando il riso sarà freddo

-l’impasto delle crocchette va solo mescolato e mai impasto

-mescolare per più di 10 minuti per far compattare il riso da solo senza impastare

-formare le crocchette con le mani unte abbondantemente di olio evo

-l’olio per friggere deve raggiungere la giusta temperatura che va verificata

-non girare le crocchette che stanno cuocendo se prima non sono leggermente dorate

 ORIGINI:
I supplì (parenti del sicilianissimo arancino) sono delle polpette di riso al ragù di carne della tradizione romana, di forma allungata, impanate e poi fritte. Allo strutto della tradizione si è sostituito oggi l’olio d’oliva. Il loro nome deriva molto probabilmente dal francese surprise (sorpresa), in riferimento alle sorprese nascoste al loro interno.

La tradizione di queste caratteristiche crocchette capitoline sembra avere radici lontane: già nel 1846 troviamo una prima testimonianza della loro presenza nella cucina tradizionale romana con il letterato romano, poi cappellano del Papa, Tommaso Azzocchi (Roma, 1791 –Roma, 1863), che inserisce il termine supplì all’interno di una sezione (Raccolta di voci e maniere false col loro equivalente) del suo Vocabolario domestico, definendole «frittelle, frittelle di riso, riso fritto».
Segue, nel 1874, la prova scritta della presenza di questo bocconcino nel menù della Trattoria della Lepre a Roma, comparendo con il nome di Soplis di riso.
A Roma, un tempo, esisteva anche il venditore di supplì, che girava la sera per i vicoli con uno scaldavivande appeso ad un braccio strillando “Calli bollenti! Supplì di riso!”, esattamente come i venditori ambulanti oggi. Fino agli anni ’50 si poteva trovare in centro (zona Sant’Andrea delle Fratte) anche un “supplitaro”, soprannominato Polifemo, che se ne stava nel suo antro con un’enorme padella colma di olio bollente: alla fine di ogni cottura tuffava una reticella nell’olio per pescare questi bocconi prelibati.

Se le fonti culinarie rimontano al 1846, le tracce letterarie del supplì sono ancora più antecedenti: entrambe portano la firma di Giuseppe Gioacchino Belli, il grande poeta capitolino che, nel 1831, componeva un sonetto intitolato “Il Papa” , il cui copricapo (il Triregno o la Tiara) veniva irriverentemente paragonato al supplì.






mercoledì 9 agosto 2017

LA CUCINA GRECA



La cucina greca è una delle più antiche tradizioni culinarie del mondo e uno degli esempi più rappresentativi della cucina mediterranea. Tra gli ingredienti più diffusi troviamo infatti l'olio di oliva, la carne di agnello, il pesce e una grande varietà di verdure come melanzane, pomodori, peperoni e zucchine.


Tra le portate più diffuse nella cucina greca troviamo gli antipasti, normalmente a base di ingredienti semplici, come olive nere, sottaceti, acciughe, ma anche polpettine di carne e involtini di riso avvolte da foglie di vite. Tra i simboli della tradizione culinaria greca c’è sicuramente la celebre pita, il pane tradizionale, sempre presente sulla tavola e usato soprattutto per servire i piatti principali a base di carne o verdure. Fra le ricette greche più rinomate troviamo la moussaka, un pasticcio a base di carne tritata e melanzane, arricchito con besciamella e formaggio, i souvlaki, i tipici spiedini di carne speziata, l’insalata greca, a base di pomodori, olive e cetrioli, molto diffusa soprattutto nel periodo estivo, lo tzatziki, una salsa preparata con yogurt cremoso, cetrioli e aglio, il tipico gyros, ovvero il kebab allo spiedo, e per concludere i baklava, un dolce molto diffuso nel mondo, formato da numerosi strati di croccante pasta fillo farciti con miele e frutta secca. Senza dimenticare il famoso yogurt cremoso, servito sia come dessert insieme a frutta secca e miele, sia come base di numerose salse. Andiamo alla scoperta dei segreti della cucina greca con le ricette tradizionali proposte su Agrodolce.

Visitare la Grecia non è un’esperienza unica solo dal punto di vista storico e paesaggistico. Questo Paese mediterraneo infatti può avvalersi di una tradizione enogastronomica antichissima (si parla di 4000 anni di storia), famosa in tutto il mondo.
Gli ingredienti locali sono parte di questo patrimonio. Con i loro profumi e i loro sapori raccontano storie di mare, di sole, di abitudini millenarie, sarà difficile dimenticarli al ritorno dalle vacanze. Certo, ormai in molte città italiane ci sono ottimi ristoranti greci, ma volete mettere l’emozione di assaporare un piatto di moussaka nel pittoresco quartiere di Monastiraki, ad Atene, oppure sorseggiare un bicchierino di ouzo guardando il tramonto a Santorini? E oltre a queste ricette e a queste specialità c’è molto di più… siete pronti a farvi conquistare? Ecco allora i nostri 12 motivi gastronomici per visitare la Grecia.
Olive e olio: sono due degli ingredienti cardine della cucina greca fin dall’antichità. Pensate semplicemente a una delle ricette più famose di questa cultura, l’insalata greca. A renderla così speciale, oltre al formaggio feta, sono proprio le olive e l’olio extravergine d’oliva. Questo è il condimento più usato in assoluto, ma è anche un modo di conservare i cibi. Il ladotyri, per esempio, è un formaggio di latte di pecora (o misto capra e pecora) conservato per un certo periodo nell’olio. Questo fa sì che il prodotto caseario acquisti un sapore più pungente. E non parliamo dei diversi tipi di olive, dalle chalkidiki alle kalamata! E come si usano nella cucina greca? Si mangiano da sole, nell’insalata, nel pane (eliopsomo) oppure con la carne.

Mezedes: sono gli antipasti, un piatto importante nella tradizione greca. Chiamati anche meze, sono dei piattini di cibo spesso accompagnati dall’ouzo, il famoso distillato greco. Che cosa si mangia? Potrete trovare una ciotolina di olive (kalamata), da sole o con la feta, gli involtini di foglie di vite (dolmades), l’insalata greca, il formaggio fritto (saganaki), i calamari fritti (kalamarakiao conditi con salsa di pomodoro e feta (garides saganaki), la torta salata con spinaci e feta (spanakopita), i fiori di zucca ripieni di riso (kolokythoanthoi), le frittelle di cipolla (Kremidotiganites)… e chi più ne ha più ne metta. Ci sono anche creme e salse da mangiare con la pita, il tipico pane greco. Tra queste provate la skordalia, a base di patate, aglio e frutta secca, e naturalmente la famosa tzatzikicon yogurt, cetrioli e aglio.
Pane: è da sempre un alimento importante in Grecia. Nell’antichità, Demetra era la dea del pane. Inizialmente era preparato con l’orzo, poi sono stati introdotti altri cereali. La pita è sicuramente la ricetta più famosa, da mangiare insieme agli antipasti o a piatti di carne come il souvlaki. In Grecia però lasciatevi tentare anche dal pane di segale (òlyra), di farina di frumento (syncomitòs), misto di farina di frumento e di mais (daktyla), il pane senza lievito ricoperto di semi di sesamo (lagana), quello con le noci (karydopsomo) oppure quello con l’uvetta (stafidopsomo).


Zuppe antiche: sono una tradizione che in molti casi risale all’Antica Grecia. Tra le ricette con un passato più importante c’è la zuppa di lenticchie (fakes) condita con olio e aceto e la famosa zuppa con fagioli bianchi (fasolada). Pensate che quest’ultima è considerata uno dei piatti nazionali e nell’antichità veniva usata per i riti sacrificali al dio Apollo. Non perdetevi poi quelle a base di pesce come la kakavia (può ricordare il caciuccoitaliano) e la psarosoupa.

Melanzane e altri ortaggi: i vegetariani troveranno pane per i loro denti in Grecia. Come accade spesso nella cucina mediterranea, anche nella cucina locale le verdure hanno un ruolo da protagoniste. Tra queste in particolare la melanzana, presente nella moussaka, ma anche nella melitzanosalata, una purea di melanzane cotte al forno, pestate con aglio, cipolla e olio extravergine d’oliva, oppure nelle polpette (melitzanokeftedes). Vivamente consigliato è il Briám, una fresca ratatouille di verdure estive e patate. Ci sono poi le frittelle di zucchine (kolokythokeftedes) accompagnate dal tzatziki, oppure la horta ovvero verdure bollite condite con olio e limone.
Formaggi: non potete lasciare la Grecia senza aver assaporato i suoi prodotti caseari. La feta è sicuramente il più conosciuto ma è in ottima compagnia. Secondo per importanza è la graviera, a pasta dura, dal sapore delicato, perfetta per preparare il saganaki o da aggiungere alle insalate. Assaggiate poi il mizithracon latte pecora o capra, morbido come una ricotta, disponibile fresco, secco o salato. Il kefalotiri è un misto di latte di pecora e capra, a pasta dura e dal sapore deciso e salato. A metà tra il gusto di questo formaggio e il graviera, troviamo il kefalograviera, ottimo come formaggio da tavola. Il metsovone è prodotto con latte misto e si può trovare pure nella versione affumicata. Concludiamo questa carrellata con il manouri, che ricorda il sapore della feta ma ha una consistenza più morbida e cremosa ed è tipico della Grecia centro-settentrionale.
Carne: se amate la carne la cucina greca vi tenterà con interessanti proposte. Iniziamo dai souvlaki, i succulenti spiedini di carne e verdure, accompagnati dalla pita e dalla salsa tzatziki. Famoso è il gyros, carne arrostita su un uno spiedo verticale come se fosse un kebab. Si può gustare così oppure trasformarlo nel ripieno del panino greco, la pita gyros. In entrambe le specialità si usa spesso il maiale ma anche l’agnello è un ingrediente molto usato nella cucina greca. Assaggiatelo per esempio nelle polpette, nel kleftiko in cui la carne viene marinata per almeno 24 ore e poi cotta in forno con patate, vino bianco e aromi. Anche le costolette di agnello (paidakia) marinate con scorza di limone, erbe aromatiche e aglio e poi grigliate sono una ricetta interessante.
Un tocco di spirito: quando si parla di alcolici greci la prima cosa che viene in mente è l’ouzo. Si ricava dalla distillazione del mosto e viene aromatizzato con l’anice. Può ricordare la nostra sambuca ma, come dicevamo prima, l’ouzoè proposto come aperitivo. Famoso è anche il vino greco, in particolare la retsina. Pensate che è un prodotto che ha 2000 anni di storia. La particolarità è che al mosto veniva aggiunta la resina (usata anche per sigillare le botti) per migliorarne la conservazione e prevenirne l’ossidazione. In Grecia dovete poi assaggiare il metaxa, il brandy greco, e non lasciatevi sfuggire i prodotti dei microbirrifici nati negli ultimi anni nel Paese. La Mythos è sicuramente la bionda (stile lager) più diffusa ma si riesce a trovare anche qualche chicca locale.
Miele: che buoni i dolci greci! Il merito è anche del miele, una materia prima tipica di questo angolo di mondo. La baklava ne è un esempio, così come il galaktoboureko, una serie di golosi strati di pasta fillo e crema, imbevuti in uno sciroppo a base di miele, o nel croccante di sesamo (l’antica ricetta del pasteli). Le loukoumades sono delle palline di pasta lievitata e fritta, cosparse di cannella e miele. Il frutto delle api è protagonista dei biscotti di Natale (melomakarona) e, naturalmente, lo troviamo anche nella melopita, la torta greca al miele (da non confondere con la milopita, la torta di mele). Ai greci piacciono i dessert molto dolci.