I supplì (parenti del sicilianissimo arancino) sono delle polpette di riso al ragù di carne della tradizione romana, di forma allungata, impanate e poi fritte. Allo strutto della tradizione si è sostituito oggi l’olio d’oliva. Il loro nome deriva molto probabilmente dal francese surprise (sorpresa), in riferimento alle sorprese nascoste al loro interno.
La tradizione di queste caratteristiche crocchette capitoline sembra avere radici lontane: già nel 1846 troviamo una prima testimonianza della loro presenza nella cucina tradizionale romana con il letterato romano, poi cappellano del Papa, Tommaso Azzocchi (Roma, 1791 –Roma, 1863), che inserisce il termine supplì all’interno di una sezione (Raccolta di voci e maniere false col loro equivalente) del suo Vocabolario domestico, definendole «frittelle, frittelle di riso, riso fritto».
Segue, nel 1874, la prova scritta della presenza di questo bocconcino nel menù della Trattoria della Lepre a Roma, comparendo con il nome di Soplis di riso.
A Roma, un tempo, esisteva anche il venditore di supplì, che girava la sera per i vicoli con uno scaldavivande appeso ad un braccio strillando “Calli bollenti! Supplì di riso!”, esattamente come i venditori ambulanti oggi. Fino agli anni ’50 si poteva trovare in centro (zona Sant’Andrea delle Fratte) anche un “supplitaro”, soprannominato Polifemo, che se ne stava nel suo antro con un’enorme padella colma di olio bollente: alla fine di ogni cottura tuffava una reticella nell’olio per pescare questi bocconi prelibati.
Se le fonti culinarie rimontano al 1846, le tracce letterarie del supplì sono ancora più antecedenti: entrambe portano la firma di Giuseppe Gioacchino Belli, il grande poeta capitolino che, nel 1831, componeva un sonetto intitolato “Il Papa” , il cui copricapo (il Triregno o la Tiara) veniva irriverentemente paragonato al supplì.
Da Il Papa:
….Quer trerregno che ppoi pare un zuppriso
vò ddì cche llui commanna e sse ne frega,
ar monno, in purgatorio e in paradiso.
(Quel triregno che poi pare un supplì
vuol dire che Lui comanda e se ne frega
al mondo, al purgatorio e in paradiso).
E in effetti la forma ovoidale del supplì si presta a questo paragone.
In un altro sonetto, La canterina de la Valle, scritto nel 1838, il supplì, o quel si intendeva allora, diventa femminile (supprisa). Questo vocabolo viene messo in bocca al popolano romano per indicare un termine di paragone, certamente derisorio, per definire il fisico di una celebre cantante d’opera, Giuditta Grisi, definita anche sfrizzoletto (e cioè “ciccioletto”, un pezzetto di grasso di maiale abbrustolito).
Da La canterina de la Valle:
…Ma cche cce trovi in sta madama Grisa,
cheppe vvia che jj’amanca er culiseo
canta da omo e ffa cchiamasse Meo,
e ppare un sfrizzoletto o una supprisa?
(Ma che ci trovi in Madama Grisi
che poichè gli manca il sedere
canta come un uomo e si fa chiamare Meo
e sembra un piccolo cicciolo o un supplì).
I Suppli’ al Telefono, altra grande ricetta della tradizione romana, sono invece i supplì che contengono, oltre al riso, la mozzarella. Il nome allude scherzosamente al fatto che, quando una crocchetta viene divisa semplicemente con le mani, le due metà restano collegate tramite la mozzarella filante, come una cornetta del telefono.
E’ Ada Boni la prima a pubblicare la ricetta dei supplì, ne La Cucina Romana (1929): il nome è al femminile (le supplì), il riso può essere condito con un ‘sugo finto” (senza carne, solo odori) e il ripieno prevede rigaglie (interiora di pollo), funghi secchi e carne in umido tritata: a quest’ultima si possono sostituire un paio di dadini di provatura romana, il fiordilatte. Oggi, nella maggior parte dei casi, il riso dei supplì viene condito con un semplice ragù di carne bovina macinata e l’immancabile sorpresa di mozzarella filante all’interno. Esistono due scuole di pensiero per la preparazione dei supplì. Chi mette le uova crude nel risotto finito, amalgamandole bene, e una volta formate le polpette le passa nell’uovo e in seguito nel pangrattato; e chi, invece, non aggiunge le uova e, una volta terminata la preparazione delle polpette, le passa in una pastella “sigillante” e poi nel pangrattato. Funghi e rigaglie di pollo rimangono, in ogni caso, un punto fermo nella ricetta originale, ancora utilizzata e custodita come patrimonio della tradizione culinaria capitolina.
SUPPLÌ
Ingredienti per circa 20 supplì (ricetta senza uova crude)
500 g di Riso Arborio
250 g di Polpa tritata di manzo
2 Fegatini di pollo
20 g di Funghi secchi
700 g di Passata di pomodoro
1,2 l di Brodo di carne
1 Cipolla media
Olio extra vergine d’oliva q.b.
½ bicchiere di Vino bianco
Burro q.b.
50 g di Parmigiano reggiano, grattugiato
Sale e pepe q.b.
200 g di Fiordilatte (mozzarella vaccina)
Per la frittura
150 g circadi Farina 00
Pangrattato q.b.
Olio di oliva o di arachide
Preparazione
Mettete a rinvenire i funghi secchi in una tazza di acqua tiepida, cambiandola una volta.
Tritate la cipolla finemente a coltello e fatela appassire dolcemente in una casseruola in olio caldo ma non bollente per una decina di minuti, facendola cuocere bene ma senza farle prendere colore. A questo punto unite la carne sbriciolata, alzate la fiamma e fate ben rosolare, mescolando continuamente con un cucchiaio di legno. Quando la carne è ben rosolata, insaporite con sale e pepe, bagnate con il vino e quando è sfumato unite la passata di pomodoro e i funghi strizzati e tagliuzzati. Coprite e fate cuocere dolcemente per un’ora, controllando che il sugo non si asciughi troppo. Aggiungete poi i fegatini, lavati, asciugati e tritati grossolanamente a coltello.
Fate cuocere ancora 5 minuti e unite il riso. Rialzate la fiamma e lasciate insaporire il riso nel sugo fino a quando sarà ben asciutto, quindi unite il brodo bollente, un mestolo alla volta, e fate cuocere il risotto, a fuoco vivace e mescolando spesso. Ritiratelo dal fuoco quando è ancora al dente e abbastanza asciutto. Fuori dal fuoco unite il burro e il Parmigiano, mescolate bene, quindi rovesciate il risotto in una placca, allargatelo e fatelo freddare. Coprite il riso con la pellicola trasparente e fatelo riposare per molte ore, o addirittura tutta la notte, in frigorifero.
Al momento di preparare i supplì, tagliate la mozzarella a listarelle. Setacciate la farina dentro una terrina e, mescolando con una frusta, diluitela con l’acqua fredda necessaria (circa 300 ml) per ottenere una pastella fluida.
Prendete una cucchiaiata bella colma di riso e mettetelo nel palmo della mano, allargatelo e mettete al centro qualche listarella di mozzarella. Richiudete premendo bene e modellate i supplì dando loro la tipica forma di polpetta allungata, cercando di compattare il riso senza lasciare fessure. Quando i supplì sono tutti formati, passateli prima nella pastella, eliminando bene l’eccesso, e poi nel pangrattato formando un rivestimento bello spesso. Una volta pronti, lasciateli riposare qualche ora in frigorifero.
Mettete sul fuoco una casseruola con abbondante olio, in modo che i supplì possano galleggiare, e quando è caldo (170°) friggetene 2 o 3 alla volta per circa 10 minuti, in modo che il calore abbia il tempo di penetrare anche all’interno e il formaggio abbia quindi la possibilità di fondersi. Se calati in olio troppo caldo, l’interno rimarrà freddo impedendo alla mozzarella di filare.
Nota: per i supplì, come per gli arancini, la padella non è lo strumento adatto per la frittura, meglio un tegame profondo o la classica friggitrice.
Scolateli appena diventano color oro scuro e passateli su un doppio foglio di carta da cucina. Serviteli caldi, ma non bollenti.
Una volta modellati e impanati i supplì si possono benissimo congelare, con l’accortezza di farli scongelare (in frigorifero) prima di friggerli.